Approfondimenti
- I fondamenti dell’analisi dei costi e del controllo di gestione
- Il problema dell’imputazione delle spese generali
- Commesse: se sforiamo i tempi sforiamo i costi
- Commesse: quando i commerciali provocano lo sforamento dei costi
- Quando le distinte base non quadrano
- Le resistenze all’introduzione del controllo di gestione nelle PMI
- Il metodo di riduzione dei costi “success fee”
- Quando sono i progettisti a provocare lo sforamento dei costi
- Il controllo dei costi e dei risultati nei progetti di innovazione
- L’importanza del lotto d’ordine nell’analisi dei costi
- Le problematiche degli ammortamenti nell’analisi dei costi
- Le cinque risposte da chiedere ad un report di controllo di gestione
Commesse: quando sono i commerciali a provocare lo sforamento dei costi
Il problema
Parlando di commesse, e di ordini in generale, sappiamo che, a fronte di un prezzo di vendita concordato con il cliente, esiste una stima di costo che è l’obiettivo da mantenere nella fornitura del bene o del servizio venduto. Molteplici sono le cause per cui questo costo preventivato può essere invece superato. In queste note vogliamo esaminare il caso in cui la causa di questo sforamento sia da ricercarsi nell’operato dei commerciali. Dire che in questi casi la causa siano i commerciali non vuole dire che loro è la colpa, ma solo che loro sono la causa. Significa che da loro è partito, o passato, il processo di attività che alla fine provoca l’aumento del costo, ma non è detto che loro abbiano colpa, ovvero che abbiano tenuto comportamenti non conformi o non corretti. Nella ricerca delle cause di una criticità è importante proprio evitare il concetto di colpa, ricercando il capro espiatorio di un problema. Bisogna invece restare lucidi nella ricerca: tante volte un soggetto che ha originato un problema lo ha fatto, per esempio, in quanto tratto in inganno da un’errata informazione che ha ricevuto o da una valutazione, sensata, ma non corretta. In queste note vogliamo analizzare proprio il caso in cui il commerciale sia soggetto attivo, o passivo, di una criticità che provoca il superamento del costo previsto.
Il momento commerciale
Sia che si tratti di una commessa importante, sia che si tratti di un semplice ordine, il processo parte dal confronto con il cliente di quello che egli vuole e che l’azienda è disponibile ad effettuare. Questo momento costituisce la definizione della commessa: se le due volontà si incrociano, si giunge alla stipula di un accordo, verbale o formale, mentre se le due volontà non si incontrano il processo si interrompe e non ci sarà alcuna commessa.
Questa fase di definizione è gestita dai commerciali e non potrebbe essere altrimenti, ma questa stessa circostanza genera buona parte delle problematiche oggetto di queste note. Il commerciale non è infatti a conoscenza di tutte le problematiche produttive ed operative del bene che va a vendere. Non può esserlo perché non è un tecnico e non può farlo perché spesso non ha tempo. Se egli deve soddisfare requisiti di efficacia, cioè essere così incisivo da riuscire a vendere, deve anche soddisfare requisiti di efficienza, cioè produrre preventivi, offerte, trattative, in numero sufficiente a raggiungere i budget assegnati.
La criticità economica del momento commerciale
Il momento commerciale della commessa diviene quindi una fase critica nel raggiungimento dell’obiettivo di costo. Il punto critico non sarà tanto il prodotto o il servizio in quanto tale, perché su quello il commerciale è abbastanza vincolato: avrà un listino, una scontistica fissata, un obbligo di farsi approvare eventuali deroghe. Il reale punto critico sarà costituito da tutto quello che è intorno all’operazione principale. Basterà un fuori standard concesso, anche piccolo, per fare uscire il prodotto dai consueti processi produttivi con un notevole aggravio di costo, spesso molto più elevato di quello che potrebbe ritenersi, vista la piccola entità della variazione. Il commerciale, orientato giustamente alla soddisfazione del cliente ed alla conclusione positiva della trattativa, avrà un’impostazione orientata alla flessibilità: questo anche per controbilanciare altre impostazioni, come quelle degli operativi interni, maggiormente rigide in quanto orientate ai problemi di produzione e di efficienza. Quindi tendenzialmente sarà portato a concedere al cliente quello che lui ritiene non così problematico per l’azienda.
Cosa si concede al cliente
Gli aspetti concessi dal commerciale potranno essere, per esempio, modifiche al prodotto principale anche di lieve entità. Ma questo provocherà una modifica ai disegni, alla manualistica, alle procedure di manutenzione. Talvolta questa modifica potrebbe richiedere specifici beni da acquisire, invece dei soliti presenti in magazzino. Se a seguito delle sue caratteristiche di fuori standard il bene dovesse essere trattato come un lotto a se stante, rispetto ai normali flussi produttivi dell’azienda, il costo lieviterebbe immediatamente in misura rilevante. Se per esempio, le macchine per il taglio della lamiera operano in multipli di dieci centimetri ed io concedo al cliente un fuori standard di lunghezza 12, non solo dovrò poi tagliarlo separatamente dal flusso delle macchine, ma quegli otto decimi di centimetro saranno uno sfrido il cui costo peserà sul prodotto.
Ma non è solo il fuori standard a causare l’aumento dei costi. La stessa dimensione del lotto, anche se non così minime da farlo classificare come fuori standard, porta ad un aumento dei costi.
Ancora più importante fonte di aumento dei costi sono le concessioni aggiuntive al cliente, quello che nel project management si definisce come ambito della commessa. Una garanzia ulteriore, l’assistenza concessa oltre un certo numero di ore fissato, tempistiche o modalità di spedizione particolari e tanti altri aspetti che circondano il prodotto, la cui concessione origina a valle la lievitazione dei costi.
Sempre con riferimento all’ambito dell’ordine, talvolta su alcuni aspetti il commerciale non concede qualcosa, ma resta, volutamente nel vago. Fissare un paletto con il cliente relativamente ad un aspetto del contratto, potrebbe mettere a rischio la chiusura della trattativa, quindi meglio restare sul vago e rimandare a dopo il problema. Questa tattica, spesso giusta, porta però a discussioni successive, dove un costo, che potrebbe essere evitato, ovvero trasformato in variante, resta in capo all’azienda sotto forma di scostamento.
La cultura del fatturato alternativa alla cultura del margine
Se dal livello della singola fornitura ci eleviamo al livello globale dell’azienda, anche in questo caso l’impostazione data dai commerciali alle vendite può originare una lievitazione rilevante dei costi. In questo caso non parleremo dei costi programmati per il singolo articolo, ma dei costi programmati per tutta la massa degli articoli. La cultura del fatturato, instillata nei commerciali dal concetto di provvigione e dagli stessi budget che gli vengono assegnati, li porta a trascurare il concetto di margine che invece dovrebbe ispirarli. In questa ottica, per esempio, uno sconto concesso incide molto sul margine, perché i costi variabili restano immutati, mentre il prezzo cala poco a seguito dello sconto.
Essi saranno così portati a concedere maggiori scontistiche e a vendere comunque i prodotti di più agevole smercio: ma talvolta questi articoli si vendono bene solo perché hanno prezzi bassi e per l’azienda sono meno remunerativi. Egli dovrebbe invece puntare sui prodotti che portano maggiore margine, inteso come differenza tra prezzo e costi variabili. Quando poi si vanno ad analizzare i risultati dell’azienda, i costi preventivati sui singoli prodotti sono rimasti immutati, ma i costi preventivati per l’intera azienda sono diminuiti perché abbiamo venduto più prodotti a basso margine, o a costo alto che è la stessa cosa, rispetto a quanto avevamo preventivato.
Le soluzioni: la necessità dei flussi informativi
Poiché non si deve cercare una colpa ma risolvere un problema, la prima domanda da farsi è: ma ai commerciali queste informazioni sono state trasmesse? Possiamo fare tanti bei discorsi, ma se poi queste cose non vengono dette, restiamo al punto di partenza. Questo è un punto nevralgico del flusso informativo aziendale ed è anche il più difficile. Se commerciali e operativi non dialogano continueranno a contrapporsi. Ma farli dialogare non è così automatico, perché parlano due lingue diverse. I commerciali parlano la lingua dell’efficacia, soddisfare il cliente, superare il concorrente nell’offerta, confrontarsi con il mercato, insomma l’ambito del mondo esterno. Gli operativi, produttivi, logistici, progettisti etc. parleranno la lingua dell’efficienza, dell’ottimizzazione, della minimizzazione dei costi, insomma l’ambito del mondo interno. Sono due istanze inconciliabili, a meno che ognuno non faccia sue una quota, non maggioritaria, ma comunque rilevante, delle istanze dell’altra parte. Non è buonismo ma business, perché altrimenti i commerciali provocheranno diseconomie, ma anche gli operativi limiteranno la giusta flessibilità dei commerciali.
Il modo in cui queste informazioni possono transitare varia da azienda ad azienda e i canali possono essere molteplici. In primo luogo formazione incrociata: gli operativi devono acquisire una mentalità di servizio al cliente e i commerciali devono acquisire una mentalità di controllo di gestione ed efficienza: come sempre non devono invertirsi le parti, semplicemente comprendere la lingua dell’altro. Poi conoscenza personale tra loro, abituarsi a lavorare insieme: quindi dislocazione degli uffici e attività extralavoro finalizzate a questo. Poi procedure apposite, per esempio riunioni tra i due settori costanti e produttive finalizzate allo scambio di informazioni. Infine un sistema informatico e una reportistica che abbiano tra i loro obiettivi questo scambio di informazioni e conoscenze.
Le soluzioni: il feedback
Altra soluzione fondamentale, strettamente collegata alla precedente, è il feedback, cioè dare ai commerciali riscontro di quello che hanno fatto. Anche in questo caso non si tratta di bloccare qualcuno sulle sue responsabilità, ma di capire, e capire fino in fondo. Un ordine, una commessa presa ad un certo valore presuppone un margine e questo obiettivo deve apparire in un report, insieme al risultato effettivo a consuntivo e poi di questo bisogna parlare, comprendendo perché certi scostamenti sono avvenuti.
Se il commerciale è stato vago su un punto e questo ha originato uno scostamento, non vuol dire che abbia sbagliato, anzi forse la sua flessibilità ha salvato un ordine che sarebbe andato al concorrente. Ma è necessario che lui lo sappia e valuti il costo originato da questa vaghezza: magari scopre che il costo è minimo e questa leva è utile da usare anche in futuro. Ma sempre feedback, conoscenza di quello che accade e valutazione condivisa.
Conclusioni
L’azienda deve mantenere l’efficacia dei commerciali, fatta di intuito, flessibilità, velocità ma anche l’efficienza degli operativi, fatta di ricerca dell’ottimizzazione, standardizzazione dei processi, miglioramento dei costi. Per far questo deve far dialogare i due mondi, facendo in modo che si comprendano ed insieme ricerchino la massimizzazione del risultato per l’intero sistema azienda. Questo dialogo è molto facile tecnicamente, ma una vera sfida dal punto di vista culturale.