Approfondimenti
- I fondamenti dell’analisi dei costi e del controllo di gestione
- Il problema dell’imputazione delle spese generali
- Commesse: se sforiamo i tempi sforiamo i costi
- Commesse: quando i commerciali provocano lo sforamento dei costi
- Quando le distinte base non quadrano
- Le resistenze all’introduzione del controllo di gestione nelle PMI
- Il metodo di riduzione dei costi “success fee”
- Quando sono i progettisti a provocare lo sforamento dei costi
- Il controllo dei costi e dei risultati nei progetti di innovazione
- L’importanza del lotto d’ordine nell’analisi dei costi
- Le problematiche degli ammortamenti nell’analisi dei costi
- Le cinque risposte da chiedere ad un report di controllo di gestione
Commesse: se sforiamo i tempi sforiamo i costi
Il problema
Effettuare l’analisi dei costi e il controllo di gestione significa spesso entrare in un ambito di tecnicismi e conteggi estremamente dettagliati.
Ma spesso il tarlo dell’errore non si nasconde nei dettagli, ma nei fondamenti del sistema. In pratica non si sbaglia il punto di arrivo, ma quello di partenza, e l’arrivo viene proprio smarrito.
Insegnare alle persone questi argomenti, impostare interventi o applicare queste tecniche, richiede quindi chiarezza nei concetti e nei punti di partenza e di arrivo.
Non bisogna mai dimenticare che dietro ad un algoritmo, ad un software, ad un report, c’è sempre una persona. E le persone che affrontano l’analisi dei costi e il controllo di gestione provengono in genere da due mondi che possono portare un’ottica di osservazione sbilanciata. Il primo mondo di provenienza è quello contabile dei ragionieri, dei laureati in economia: da questa ottica si guarda ai numeri, alle quadrature, alla precisione, al saldo contabile. Il secondo mondo di provenienza è quello matematico ed algoritmico, degli ingegneri tra cui quelli gestionali: da questa ottica si guarda agli algoritmi, alle formule, alle masse di dati da elaborare. Mentre chi proviene dal mondo contabile considera la quadratura la dimostrazione della propria bravura, chi ha mentalità matematica intende dimostrare di poter gestire un’enorme massa di dati tramite elaborati algoritmi. Ma in realtà, entrambi questi approcci, se estremizzati, possono portare a smarrire il punto di arrivo. La conseguenza saranno dati inutilizzati perché non ritenuti affidabili, sistemi autoreferenziali e report che nessuno guarda.
Perché lo facciamo?
Il punto di partenza corretto è farsi la domanda più banale: ma perché analizziamo i costi e facciamo il controllo di gestione? Altrimenti si fa come in quelle guerre, troppe purtroppo, in cui dopo anni di lotte e di sofferenze nessuno ricorda perché si è cominciato, dove si vuole arrivare e chi è il nemico. Quindi perché lo facciamo? A domanda semplice risposta semplice: perché qualcuno ha bisogno di informazioni per prendere decisioni. Questo è il punto di partenza e qui bisogna arrivare. Se chi decide basa le sue scelte sulle nostre informazioni, significa che il sistema è stato efficace, altrimenti non serve a nulla: conclusione brutale ma inevitabile. E se il sistema non funziona non importa il motivo per cui le informazioni non sono usate, i report non letti, gli strumenti abbandonati al loro destino, conta solo che le decisioni non sono agevolate dalle informazioni fornite, il resto sono solo motivazioni che non rappresentano una scusa.
Cosa dobbiamo analizzare?
Definito perché lo facciamo, dobbiamo porci la seconda domanda: cosa analizziamo? Fissiamo subito un altro concetto: non dobbiamo dare risposte, quelle le darà chi prende le decisione, ma dobbiamo fissare il problema, definire la domanda, creare le informazioni per i decisori. Il decisore non avrà da noi la certezza su quale decisione prendere, perché ogni decisione di management è sempre una decisione incerta, altrimenti le aziende le gestirebbero i matematici e non, appunto, i manager. Ma l’incertezza che si prospetta al decisore deve essere solo relativa alla migliore opportunità della scelta, non ai termini del problema, allo scenario e al contesto in cui prendere la decisione stessa.
La risposta su cosa analizzare è quindi automatica: bisogna analizzare quello su cui si prendono le decisioni. In pratica non bisogna fare un buon controllo di gestione e poi offrirlo a chi prende le decisioni. Chi prende le decisioni è il nostro cliente interno e il prodotto dobbiamo costruirlo su lui. Quindi bisogna partire dalle decisioni che lui prende, dagli ambiti su cui deve decidere e su quelli lavorare, anche con lui, per ricercare le informazioni. Pensiamo quindi alla grande massa di decisioni prese dai manager: molte hanno a che fare non con i prodotti ma con i clienti, spesso hanno a che fare con il confronto con i concorrenti, con lo scenario economico, altre volte sono scelte di logistica. Clienti, concorrenti, scenari, logistica, alternative decisionali, what if, saranno gli oggetti del controllo di gestione, oltre, ovviamente ai prodotti. Ma sempre confezionati in modo da essere di supporto alle decisioni.
Con quale strumento?
Avendo definito il perché ed il cosa, dobbiamo porci il problema del come facciamo queste cose, di quali strumenti utilizzare. Come raccogliere i dati ed elaborarli potrà essere fatto in molti modi. Come invece realizzare lo scopo del controllo di gestione, cioè supportare le decisioni, potrà essere fatto con un solo strumento: i report. Nella creazione del report si trova la vera bravura del controller. Egli ha intuito la natura della decisione da prendere, che rappresenta una domanda che il futuro decisore si farà. Ma nel preparare questa domanda egli non si è dato una risposta, o anche se l’ha immaginata, non si è fatto influenzare. Nel creare il report, insomma, il controller si adegua a quello che una volta era il mito della stampa anglosassone, cioé “separare i fatti dalle opinioni”: ed è proprio un input quasi giornalistico che deve governare il controller nell’impostazione del report.
Con quale precisione?
Tutto questo lavoro noi lo facciamo per dare ai decisori le informazioni corrette: questo è il concetto di precisione che deve governare il controller, informazioni corrette, su questo inizia e su questo finisce. Per un operatore della contabilità generale il concetto di precisione è chiaro e ben diverso: il dato deve essere esatto. Una giacenza di conto corrente, un credito, un costo è preciso se è esatto al centesimo. Per un controller il report è preciso se lo scenario che fornisce è corretto, se l’informazione è giusta: non interessa il centesimo, interessa il senso. Pensiamo ad un reparto militare che avanza in territorio nemico. Presentandosi davanti una collina, il comandante invia degli esploratori a vedere cosa c’è dentro la collina. Gli esploratori vedono una grande massa di nemici dietro la collina, enormemente superiore alle forze del proprio comandante. A quel punto cosa fanno? Contano analiticamente tutti i nemici, impiegando giorni per portare una notizia ormai vecchia al comandante (nel frattempo i nemici attaccano e distruggono il piccolo esercito del comandante), fornendo un numero preciso ma inutile? Oppure corrono a riferire al proprio comandante, che deve decidere se avanzare, l’informazione riguardo all’enormità dell’esercito nemico? Alla domanda quanti sono, la risposta, precisa nella sua approssimazione è che sono da cinque a dieci volte più di noi. Nella sua genericità l’esempio trasmette il concetto di precisione del controllo di gestione: non è precisa l’informazione che mi dice quanti sono i nemici con un’esattezza millimetrica, è precisa l’informazione che sono almeno cinque volte più di noi: quindi se gli esploratori si fossero impressionati, trasformando pochi nemici in una massa enorme avrebbero trasferito l’informazione inesatta, mentre se lucidamente hanno valutato in almeno cinque volte le forze del nemico rispetto a quelle del proprio comandante, hanno dato un informazione esatta, precisa nella sua approssimazione e, soprattutto, veloce, quick and dirty come dicono nel nordamerica. Quindi l’esattezza del controllo di gestione risiede nella correttezza della sua sostanza, in una approssimazione che permette comunque la decisione.
Quale è la sua utilità?
Secondo requisito fondamentale dell’informazione è pertanto la sua tempestività: essa è valida se arriva prima della decisione, perché dopo è inutile.
Ma vi è un altro punto fondamentale: la sua attendibilità.
Può fidarsi il decisore dell’informazione fornita? Non dimentichiamo che poi la decisione la prende lui e non potrà giustificarsi, in caso di errore, con l’infondatezza dell’informazione.
Per fidarsi dell’informazione il decisore deve poter ricostruire, almeno in linea di massima, il precorso dal dato all’informazione. Un semplice “lo dice il sistema” non sarà tale da permettere al decisore di fidarsi dell’informazione, mentre si fiderà di un percorso logico, fatto di ragionamenti di buon senso, basati su dati di base e per questo certi. Non si fiderà quindi di astrusi algoritmi effettuati su masse di dati, frutto di elaborazioni di altri dati, che creeranno bellissime elaborazioni di cui il nostro decisore tenderà a non fidarsi.
Con chi farlo?
Per ottenere i risultati di cui abbiamo parlato chi fa controllo di gestione ha necessità di un altro fattore importante: i colleghi, cioè chi lavora in azienda. Abbiamo visto come quello che necessita ad un utile controllo di gestione è la sostanza e non la forma, la qualità dell’informazione e non la sua quantità. Per avere sostanza e qualità il controller deve però uscire dal piccolo mondo rappresentato dalla propria stanza, dal proprio video e dai propri algoritmi, per andare a respirare la realtà che deve rappresentare. Ma questa realtà è rappresentata dalle attività dell’azienda, dal mondo quotidiano, sia interno che esterno: quindi ha bisogno della collaborazione dei colleghi. Colleghi per comprendere i costi di produzione, per capire le attività della logistica, per conoscere le attività da fare per i clienti, per trovare il miglior modo per utilizzare il sistema informatico, e per tutti gli altri dati che a lui servono per elaborare le informazioni. Per entrare in sintonia con l’intero sistema azienda serviranno grandi doti di diplomazia, ma soprattutto una grande credibilità. Per acquistare questa credibilità egli dovrà dimostrare di essere un risolutore di problemi e non un creatore, un soggetto capace di dare e non solo di richiedere. In questa ottica molto importante sarà il basso livello di lavoro che lui chiederà agli altri in termini di input dati, compilazione di modulistica e altri adempimenti: la credibilità sarà costruita mostrando grande attenzione a limitare il lavoro dei colleghi e, nel caso servissero adempimenti un po’ gravosi, a giustificarli mostrando il grande ritorno che questi input forniscono all’azienda. Questo creerà vicinanza con i colleghi, poi collaborazione e quindi informazioni.
Riepilogando
Cosa serve, quindi, soprattutto nelle PMI, per fare una buona analisi dei costi e un controllo di gestione efficace?
1) Ricordarsi che si serve a qualcosa solo se si supporta chi prende decisioni
2) Si deve analizzare tutto quello che sarà oggetto di decisione
3) Le informazioni parlano con i report, altrimenti tacciono e non esistono
4) Non si deve pensare alla risposta da dare, ma interpretare la domanda che si farà il decisore
5) L’informazione deve essere precisa, anche se approssimata, veloce, basata su presupposti logici
6) Bisogna guadagnarsi la collaborazione dei colleghi allo scopo di poter rappresentare la realtà e per questo, si deve avere rispetto della loro attività.