Approfondimenti
- I fondamenti dell’analisi dei costi e del controllo di gestione
- Il problema dell’imputazione delle spese generali
- Commesse: se sforiamo i tempi sforiamo i costi
- Commesse: quando i commerciali provocano lo sforamento dei costi
- Quando le distinte base non quadrano
- Le resistenze all’introduzione del controllo di gestione nelle PMI
- Il metodo di riduzione dei costi “success fee”
- Quando sono i progettisti a provocare lo sforamento dei costi
- Il controllo dei costi e dei risultati nei progetti di innovazione
- L’importanza del lotto d’ordine nell’analisi dei costi
- Le problematiche degli ammortamenti nell’analisi dei costi
- Le cinque risposte da chiedere ad un report di controllo di gestione
Il problema dell’imputazione delle spese generali
La complessità: il vecchio / nuovo problema
Il problema dell’imputazione delle spese generali ai prodotti è nato insieme al controllo di gestione e all’analisi dei costi. L’iniziale impostazione del costo pieno, la successiva tecnica del margine di contribuzione e poi dell’activity based costing hanno rappresentato il modo in cui il controllo di gestione ha accompagnato l’evoluzione del sistema azienda. Oggi, il problema è giunto ad un’evoluzione ulteriore, che porta ad una serie di riflessioni.
Confrontando le aziende di oggi con quelle di dieci-quindici anni fa, vediamo il grande aumento della complessità che circonda tutta la loro attività. Un numero di clienti, di fornitori, di articoli di magazzino estremamente aumentato, una burocrazia presente in ogni aspetto della gestione, gli aspetti tecnici e di certificazione dei prodotti sempre più sofisticati, e così via.
Il problema è che ci troviamo con elevate spese generali, originate da una miriade di piccole attività, e margini sui prodotti sempre più ristretti: il compito del controllo di gestione, che è quello di elaborare informazioni per le decisioni, può diventare davvero arduo, perché il confine tra un’informazione corretta ed una totalmente sballata diventa molto tenue. Soprattutto nelle PMI si cerca di dipanare questa matassa senza appesantire l’azienda con software pesantissimi in termini di input ed evitando di burocratizzare l’azienda con un elevato livello di rilevazioni.
Dove troviamo la complessità
Imputare le spese generali significa quindi decodificare la complessità, capire quanto e perché costa, ed addossarla a chi la genera. Attenzione quindi a comprendere la realtà, capire chi genera la complessità ed evitare di elaborare astratti algoritmi informatici.
Ma chi genera le complessità? Spesso i clienti, talvolta il prodotto stesso, altre volte i fornitori, e talvolta l’azienda non si accorge di generare essa stessa complessità che poi le si ritorce immediatamente contro.
Per comprendere bene il concetto di complessità pensiamo ai tantissimi punti dell’azienda dove si rileva.
– Produzione
Un caso classico di complessità è il mondo del fuori standard: lavorazioni non consuete, prodotti non in listino o raramente effettuati, ma soprattutto prodotti standard su cui il cliente richiede delle variazioni, anche piccole, ma sufficienti a portarlo fuori dai consueti processi aziendali. Oltre alle casistiche di fuori standard l’altro grande flusso di complessità è rappresentato dal lotto di produzione. Un lotto presuppone un ciclo di lavorazione, un riassemblaggio dei macchinari, il prelievo e trasporto dei materiali, spesso lo studio di disegni appositi. In entrambi i casi, fuori standard e lotti, questa complessità ha un costo che è indipendente dal valore che essi rappresentano. Se gestire un lotto costa, più piccolo è il suo valore e più grande è l’incidenza percentuale della complessità. Identica situazione per il fuori standard: se uscire dal flusso produttivo lineare ha un costo, è lecito chiedersi quanto è il valore per cui stiamo uscendo dallo standard e su cui stiamo sostenendo un costo quasi fisso. In sintesi avremo più complessità quanto più sarà alto il numero di queste casistiche e basso il loro valore.
– Logistica
Per la logistica in entrata la complessità è rappresentata dallo scarico, dal caricamento in magazzino, sia informatico che fisico, e per la logistica in uscita dal prelievo, dall’inserimento nella packing list, dall’imballo e dal carico. Si pensi alla differenza di impegno tra inviare un pallet con lo stesso prodotto oppure lo stesso pallet composto di tantissimi differenti prodotti in piccole quantità. Sono tutte attività che vengono fatte e che hanno un costo comunque fisso, perché codificare un prodotto per il magazzino ha comunque un costo che, percentualmente, aumenta tanto più è piccolo il valore del materiale inserito in magazzino. Anche in questo caso avremo più complessità quanto più sarà alto il numero di queste casistiche e quanto più sarà basso il loro valore.
– Amministrazione
Pensiamo a come in amministrazione si impiega il tempo: da pratiche doganali per alcune esportazioni, al sollecito di pagamenti, a tempo passato con clienti che contestano conteggi o richieste di riscossione. Ma anche la stessa normalità genera complessità: fare una fattura o emettere una riba. Come sempre complessità significa quante volte facciamo un’operazione e per quanto valore: impiegare una giornata per una pratica di esportazione ha un costo che è tanto più alto, percentualmente, tanto più basso è il valore dell’esportazione.
– Ufficio ordini
Tanto più il cliente non si allontana dallo standard, chiede grandi quantità di cose dello stesso tipo, fornisce tutti gli elementi ed ha le idee chiare lui stesso su cosa vuole, e tanto più l’attività sarà semplice. Al contrario clienti problematici, dalle idee confuse, che cambiano un ordine dopo averlo già inoltrato, per il quale il fuori standard è la norma genereranno una complessità che, come sempre andrà confrontata con quello che è il livello del valore dell’ordine.
– Commerciale
Molte tematiche dell’ufficio ordini sono comuni anche al commerciale. Alle problematiche del cliente con le idee non chiare, molto articolate, ondivaghe, si aggiunge tutta la fase della trattativa, quanto lunga, articolata, che necessita di trasferte, ulteriori analisi, disegni etc. E di nuovo il problema sarà confrontare quante attività avremo con il valore dell’ordine che, ala fine, deriva dalla trattativa.
– Altre aree aziendali
Per brevità tralasciamo tante altre aree dove si trovano ampie casistiche di complessità: praticamente in ogni aspetto del mondo aziendale, dalla direzione alle risorse umane, dalla ricerca e sviluppo alla manutenzione e così via.
Come misurare la complessità
Dopo avere compreso gli aspetti fondamentali della complessità al controller si prospetta il compito più arduo: come misurarla. Su questo terreno si misura la lucidità del controller. Farsi prendere dal sacro fuoco di misurare tutto e nel modo più preciso ed analitico possibile è come rincorrere un miraggio, e per il quale il sistema abc (activity based costing) si è rivelato spesso inapplicabile, soprattutto nelle PMI.
La prima cosa da ricordare è che il compito del controllo di gestione non è quello di misurare, ma di prendere dati e trasformarli in informazioni per chi prende decisioni.
Non è quindi necessario mettersi a misurare, ma è fondamentale creare le informazioni giuste. La prima cosa da non fare assolutamente, è fornire le informazioni sbagliate. Purtroppo molti sistemi di imputazione delle spese generali forniscono informazioni opposte riguardo alla complessità. Applicare una percentuale fissa di costi generali al volume di costi diretti, addossa volumi alti di spese generali alle attività che hanno un valore elevato, mentre invece, come prima dimostrato, è vero l’esatto contrario. Stesso discorso quando si divide il volume dei costi generali per il numero di ore di mano d’opera diretta: in questo caso daremo più costi generali alle attività ed ai prodotti che richiedono molta mano d’opera, ma questo non ha alcun legame con le dinamiche di cui abbiamo parlato sopra.
Si parlava appunto di lucidità del controller: egli si trova da una parte nella necessità di misurare la complessità, dall’altra parte nell’impossibilità di poterlo fare perfettamente. La sua lucidità consiste nel farlo, non perfettamente, ma bene: non cadere nell’errore di farlo al massimo dell’accuratezza, perché fallirà e abbandonerà, e non cadere nell’errore di non farlo per nulla, perché produrrà informazioni sbagliate e, quello che è peggio, fuorvianti.
Bisogna quindi creare sistemi imperfetti di analisi della complessità, perché quelli perfetti sono impossibili da applicare: ma i sistemi creati, nella loro imperfezione, devono essere sufficienti a dare l’informazione giusta. La lucidità del controller risiede in questo, nel creare un sistema che sa essere imperfetto, ma che comunque avvicina l’informazione alla sua correttezza. E se l’informazione non è fuorviante, ma instrada la decisione per la via giusta, allora è perfetta. Il controller lucido ricerca la perfezione non della misurazione, ma dell’informazione.
Non è possibile in questa sede coprire le infinite fattispecie della complessità e le ugualmente infinite modalità per misurarla, ma varrà per tutte un esempio. Sappiamo tutti quanto sia difficile imputare l’amministrazione, ed a nessuno venga in mente di chiedergli di scrivere analiticamente cosa fanno. Ma se noi, insieme a loro, decidiamo che il tempo, nel ciclo attivo, lo passano ad emettere fatture, sollecitare pagamenti, emettere riba, controllare gli incassi, non sarà difficile creare un algoritmo che assegni un costo ad ognuno di questi elementi. Dividendo il valore del centro di costi “amministrazione ciclo attivo” per il numero di queste operazioni, opportunamente ponderato con un insieme di pesi, potremo assegnare alla complessità il giusto valore in quest’area. Ovviamente se questi dati li abbiamo nel sistema e non dobbiamo chiedere nulla a nessuno. Questo sistema sarà grossolano ed esposto a mille critiche, ma darà risposte approssimate, ma sicuramente non fuorvianti. Dirà che ogni fattura, per esempio, costa 10 Euro, per prepararla, emetterla, controllarne l’incasso etc. Se poi la fattura aveva un ammontare di cinquanta Euro, chiediamoci se il costo del 20 percento di amministrazione la rende antieconomica.
Le due domande da farsi sulla complessità
Compreso il problema della complessità, capito dove cercarla e le modalità con cui misurarla, per poterla imputare correttamente è necessario farsi una domande importante: a chi la imputo, dove la colloco nei report, che informazione fornisco? L’alternativa principale è se la complessità sia originata dal prodotto o dal cliente. Ho fatto un lotto molto basso perché di quel prodotto è possibile farne poco o perché quel cliente me ne ha richiesto poco? Il dilemma è fondamentale, perché si tratterà di fornire l’informazione se ad essere poco remunerativo sia l fatto di fare un determinato prodotto o di servire un certo cliente. La maggior parte delle complessità sono originate dai clienti, altre volte dai prodotti o dai fornitori.
In queste riflessioni abbiamo parlato genericamente di complessità, descrivendo quello che accade in azienda. Ma andando oltre nell’analisi ci si chiede se questa complessità crei valore, al cliente o al prodotto, ovvero sia solo inefficienza. Anche in questo caso il controller dovrà essere molto lucido per capire se stiamo spendendo o, cosa differente, sprecando. E su questo passare le informazioni giuste al management che deve prendere le opportune decisioni.